IL TRIBUNALE Nel procedimento penale a carico di Milanini Valentino, imputato del reato p. e p. dall'art. 479 del c.p., viste le richieste di prova delle parti ed in particolare quella del p.m. tesa ad ottenere, ai sensi dell'art. 2381 del c.p.p., la acquisizione degli atti della perizia effettuata nelle forme dell'incidente probatorio nel corso di altro procedimento penale (n. 8129/1990 r.g. della procedura della Repubblica presso la pretura di Pistoia) a carico di altri, indagati per reati diversi da quello per cui ora si procede nei confronti del Milanini; Rilevato che i difensori dell'imputato si sono opposti alla ammissione della predetta prova poiche', essendo rimasto estraneo il Milanini al procedimento di competenza pretorile, l'atto assunto nelle forme dell'incidente probatorio non sarebbe utilizzabile nei suoi confronti ai sensi dell'art. 403 del c.p.p.; Rilevato che in sostanza la difesa ha proposto una interpretazione riduttiva dell'art. 31 del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 (c.d. decreto "Martelli"), nel senso che il richiamo alle prove assunte nell'incidente probatorio comporterebbe implicitamente per quelle l'applicabilita' dei limiti previsti dal citato art. 403 del c.p.p. per la utilizzabilita' della prova nel giudizio nei confronti degli imputati i cui difensori non abbiano partecipato alla loro assunzione; Ritenuto invece che, nonostante la condivisibile esigenza di limitare la utilizzazione in un processo di prove altrove assunte se alla loro formazione le parti del processo (quello ad quen) non hanno potuto intervenire, la disposizione in esame va interpretata in modo estensivo per i seguenti motivi: a) giacche' non si comprenderebbe la ragione della diversa disciplina, sul punto, tra le prove assunte nell'incidente probatorio e quelle assunte nel dibattimento (del processo a quo) - o quelle assunte in un giudizio civile - per le quali quella condizione sul contraddittorio non e' prevista; b) giacche', trattandosi di utilizzare prove formate altrove in una situazione processuale generalmente analoga a quella regolata dall'art. 403 c.p.p., la mancanza di un esplicito richiamo a tale disposizione fa ritenere l'esclusione della sua applicabilita' al caso; c) giacche' l'interpretazione piu' ampia, da un lato, e' in armonia con le finalita' perseguite con la modifica normativa, quella della non dispersione degli elementi di prova (da cui il comma terzo dell'art. 238 del c.p.p. novellato), quella della economia dei giudici e quella infine di evitare la naturale diminuzione della efficacia rappresentativa delle prove orali che consegue di solito alla loro ripetizione in vari processi; e, dall'altro, bene si accorda con il diritto alla rinnovazione prevista per le prove dichiarative - ma non per le altre - nel processo ad quem, quando cio' risulti necessario, essendo di tutta evidenza che tale rinnovazione e' consentita proprio quale correttivo garantista a favore delle parti che non abbiano potuto partecipare alla assunzione nel procedimento a quo (salvo la deroga di dubbia costituzionalita' prevista dall'art. 190- bis del c.p.p.; d) giacche' infine la tesi limitativa finirebbe sostanzialmente con il ridurre in misura drastica l'ambito di applicabilita' della disposizioine di cui si tratta, proprio con riferimento alle prove assunte nell'incidente probatorio, dato che solo in ipotesi marginali puo' realizzarsi la condizione della totale identita' delle parti private nei due procedimenti, e cioe' nei soli casi di un procedimento a carico di un solo indagato con imputazioni plurime, cui sia seguita la successiva separazione e, non, negli altri casi di procedimenti trattati non unitariamente, ancorche' collegati o connessi; essendo poi assai improbabile il verificarsi di quella condizione nei procedimenti cumulativi (piu' indagati per una o piu' imputazioni) cui sia seguita una separazione; Ritenuto quindi che il richiamo all'incidente probatorio debba operare senza alcuna condizione di utilizzabilita', cosi' come accade necessariamente per le prove assunte nel dibattimento; Ritenuto che la norma cosi' interpretata comporta dei dubbi di costituzionalita', in una duplice direzione, quella del diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) e quello della disparita' di trattamento nelle garanzie difensive (artt. 3 e 24 della Costituzione); Rilevato, sotto il primo profilo, che il dubbio non puo' essere risolto negativamente solo perche' il diritto di difesa non va esteso fino a garantire, sempre e comunque, il contraddittorio nella formazione della prova, giacche', d'altra parte nella giurisprudenza costituzionale formatasi sotto il vigore del codice abrogato, e' sempre stato dato rilievo assorbente alla ripetibilita' dell'atto di istruzione nel dibattimento; cosicche', nel caso della perizia, per cui non e' previsto il diritto alla rinnovazione, sembra che il dubbio di costituzionalita' permanga; tanto piu' ove si consideri che si tratta di un mezzo di prova particolarmente complesso ed articolato in cui il contributo della difesa, anche mediante i consulenti tecnici, puo' essere di particolare importanza, purche' venga dato nella fase del conferimento dell'incaricato ed in quella delle operazioni peritali, e, non solo successivamente con l'eventuale esame del perito e degli eventuali consulenti tecnici; Ritenuto che il profilo di incostituzionalita' non puo' nemmeno essere risolto con la considerazione circa la possibilita' che il giudice, esercitando i suoi poteri d'ufficio, disponga comunque la rinnovazione della perizia, giacche' si tratterebbe dell'esercizio di un potere d'ufficio, mentre qui e' in gioco il "diritto alla prova" cosi' come previsto dall'art. 190 del c.p.p., che pare finisca con l'essere compresso oltre il limite consentito dall'art. 24 della Costituzione; Rilevato, sotto il diverso profilo costituzionale della disparita' di trattamento nelle garanzie difensive sulla formazione ed assunzione della prova, che il giudizio di costituzionalita' necessariamente muta giacche' non si tratta piu' di valutare in senso assoluto la conformita' o meno della disciplina sulla prova alla norma costituzionale, ma la razionalita' del diverso regime di formazione ed utilizzazione della prova in relazione alla diversita' delle situazioni processuali; Rilevato sotto questo profilo che, di fatto, la disciplina sul punto, a seguito delle innovazioni normative, e' divenuta molteplice, in relazione, innanzitutto, alla gravita' delle imputazioni che consente la deroga prevista dalla prima parte dell'ultimo comma dell'art. 238 del c.p.p. e, poi, alle mutevoli e casuali vicende processuali: cosicche', nelle indagini collegate, il regime della formazione della prova con riferimento alle garanzie difensive muta in termini sostanziali a secondo che l'ufficio del p.m. proceda o meno ad una trattazione unitaria, con la concreta conseguenza che, nel primo caso, la perizia di cui alla attuale richiesta del p.m. non sarebbe stata utilizzabile nei confronti dell'attuale imputato se anche la sua difesa - con l'eventuale consulente tecnico di parte - non vi avesse partecipato - ed invece, nel caso opposto, quella stessa perizia dovrebbe essere ora utilizzata nonostante il mancato intervento della difesa; Ritenuto che, non essendovi (ne' potendovi essere) alcun criterio normativamente previsto per la separazione o meno dei procedimenti collegati, la cui decisione e' insindacabilmente riservata agli uffici del p.m. il regime della formazione della prova nei casi concreti dipende da valutazioni che formalmente e sostanzialmente sfuggono ad un controllo di legalita' nella fase giurisdizionale; senza poi considerare in astratto anche l'eventualita' che il p.m. possa decidersi per la separazione fin dalla fase delle indagini in relazione al piu' favorevole regime di prova nella fase del giudizio; ritenuto che tale casualita' pare determinare discriminazioni irragionevoli o quanto meno arbitrarie ed ingiustificate, non per la necessaria ed inevitabile diversita' delle situazioni di fatto, ma per la diversita' delle norme, senza che se ne possa individuare una qualche esigenza processuale, quale potrebbe essere quella della irripetibilita' (esigenza che viene considerata nel terzo comma dell'art. 238 del c.p.p. e che comunque nel caso di specie non sussiste); Ritenuta, in definitiva, la rilevanza delle questioni di costituzionalita'e la loro non manifesta infondatezza; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli artt. 3 e 24 della Costituzione;